3 giorni di ricovero per l’IVG farmacologica? Siamo gli unici in Europa!
In molti Paesi, le donne scelgono di effettuare un aborto farmacologico perché meno invasivo e più “privato” dell’aborto chirurgico. In Italia questo tipo di intervento viene ostacolato a livello procedurale: può essere effettuato solo fino al 49esimo giorno di gestazione e solo in regime di ricovero ospedaliero ordinario di tre giorni, fatta eccezione per 8 regioni in cui si è deciso di sperimentare il regime day hospital.
Come riportato dall’ultima relazione del Ministero della Salute sull’attuazione della legge 194, [1] queste restrizioni non permettono una vera libertà di scelta tra i due tipi di intervento, attestando l’aborto farmacologico al solo 17,8% delle IVG totali, percentuale nettamente in controtendenza a quelle di altri Paesi europei come Inghilterra e Svezia dove le IVG farmacologiche rappresentano, rispettivamente, il 60% e il 90% rispetto al totale.
Il ricovero ospedaliero di tre giorni risulta quindi essere un enorme limite alla diffusione dell’IVG farmacologica per le numerose difficoltà che si presentano a chi ne vuole fare ricorso. Come già dimostrato durante questa emergenza sanitaria, il day hospital previsto per l’IVG chirurgica rende maggiormente praticabile questa operazione a tutte coloro che non possono permettersi di richiedere più di un giorno di permesso dal lavoro o che hanno altri impegni o scadenze legate alla propria famiglia, al lavoro o alle proprie vite. Per permettere una vera libertà di scelta, chiediamo che il ricovero ospedaliero venga sostituito con il day hospital, come già succede in Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Puglia, Lazio, Liguria, Lombardia.
Un altro ostacolo riguarda l’obiezione di coscienza. La procedura di IVG farmacologica prevede l’assunzione di due pillole: in un primo momento il Mifepristone, chiamato anche “RU486”, che interrompe il sostegno ormonale alla gravidanza provocandone l’interruzione, mentre a circa 48 ore di distanza, la prostaglandina, che provoca contrazioni ed espulsione del contenuto dell’utero. In molti ospedali, la turnazione del personale medico-sanitario può portare alla difficoltà di incontrare in due momenti differenti operatori o operatrici non-obiettori addetti alla somministrazione di entrambe le pillole. Questo ostacolo sarebbe facilmente superabile permettendo ai consultori pubblici di poter prescrivere la RU486.